"Se cambia la musica, cambieranno anche le
istituzioni": con questa frase del filosofo Platone inizia l'ascolto del
nuovo lavoro degli Hobbit dal bellicoso titolo "Di qui non si passa",
quarto album di studio per la band di origini perugine attiva dal 1994, uscito
il 27 giugno 2015. I nostri, dopo un'esperienza ventennale, sono arrivati a
sfornare un nuovo attesissimo capitolo con testi carichi di grinta, speranza,
poesia e una pura attitudine rock. "Di qui non si passa" è un concept
album dedicato alla nostra terra, forse il lavoro meno politico e militante
degli Hobbit, ma il più concentrato su temi storici e patriottici. Il disco si
apre con la title track, che altro non è che il motto degli Alpini coniato dal
generale Luigi Pelloux, dal sound molto cadenzato e pesante che si trasforma in
un ottimo hard rock d'oltreoceano. Si prosegue con la speranzosa "L'alba
verrà", dove si fanno notare le chitarre della prima scuola heavy metal
tricolore: Strana Officina e Vanadium su tutti. "Vieni con noi" è il
classico brano melodico, pieno di armonia e dalle sonorità poppeggianti. La
classica canzone dal sound semplice ma curato, che potremmo tranquillamente
sentire per radio, se solo non avesse un chiaro messaggio "contro la
droga". Si continua con la ballad "Ancora qui", un brano
difficile che ha l'arduo compito di parlare dei militanti caduti nei duri
scontri durante gli anni di piombo. La canzone è la dovuta continuazione di
"HL78". Verso metà album si ha "Italia": vera e propria
poesia dedicata dagli Hobbit stessi alla nostra madrepatria (in cui, a tratti,
ricordano i Gesta Bellica). Azzeccata la backing vocal femminile, ottime le
chitarre di chiusura in puro stile heavy rock sull'ultima strofa recitata in
latino. Il lavoro prosegue con "Uomo seriale", dalla melodia malinconica,
dove si scatta una rapida istantanea della società odierna e della sua
inesorabile decadenza umana e spirituale. Il disco si riprende di sound e
speranza con "Scala a colori", che è una canzone d'amore ritmata da
una batteria scandita e un riff accattivante. L'alterego di "Donna alla
moda". L'ottava traccia è "A.T.A." (Alto Tasso Alcolico), brano
con un testo goliardico di puro punk 'n' roll spensierato e trascinante
dominato da cori coinvolgenti. Si arriva al brano "Ardite schiere",
dalle chitarre folk e ritmo di batteria calzante, quasi un tributo alla musica
popolare italiana. Successivamente è la volta di "European
brotherhood", penultima traccia dell'album, brano di grande qualità sia
musicale, sia compositiva, dove gli Hobbit danno il meglio di sé. Si giunge
alla fine con "Per la nazione", cover di "Wir ham' noch lange
nicht genug" dei tedeschi Böhse Onkelz col testo adattato di "Es por
tu nación" degli spagnoli Klan, resa famosa dai División 250. Uno dei
miglior brani del lotto, talmente carico di adrenalina che difficilmente non lo
canterete a squarciagola ai concerti! Nel complesso, "Di qui non si
passa", rimane un eccellente lavoro degli Hobbit, curato in maniera
meticolosa sia a livello sonoro, sia a livello compositivo. Dettagliato nella grafica
di copertina e del booklet che lo rende piacevole da sfogliare e leggere, pieno
di citazioni, testi, foto, crediti e illustrazioni varie. Un disco maturo, con
sonorità forse più ritmate e testi non banali, che conferma gli Hobbit come uno
dei migliori gruppi di rock identitario italiano. Come sempre l'album è stato
prodotto da Rupe Tarpea Produzioni su CD, che anche a questo giro piazza un bel
colpo e ci regala quarantacinque minuti pieni di emozioni, pathos e poesia in
puro stile rock 'n' roll e spirito patriottico.
Quando si parla di progetti post-industrial e neo-folk, si
schiudono finestre che danno su un mondo estremamente complesso. Un neofita può
rimanere più che confuso da un ambiente polimorfo dove sembrano non esistere
certezze e dove tutto quello che vedi non è ciò che sembra. Apparenti
contraddizioni convivono sotto uno strano paralume di
provocazione/sperimentazione, dove personalità complesse minano l'immagine
dell'artista/musicista “classico”, spesso con risultati interessanti (quando
funziona) o esilaranti (quando va male). Di tutto è stato scritto su questo
ambiente dove i meno attenti possono facilmente fraintendere le intenzioni di
gruppi e l’unica possibilità per sopravvivere è lasciarsi coinvolgere a livello
inconscio o fuggire a gambe levate.
In questo calderone di confusione estetica, un progetto che
sicuramente ha fatto parlare di se negli ultimi anni (in bene e in male) è
Corazzata Valdemone. Creatura sorta in quel di Milazzo contrassegnata da un
approccio sonoro ed estetico intransigente che ha destato attenzioni
in molti e provocato grandi dolori di fegato ad altri, ma, come si suol dire,
non si può accontentar tutti.
Dopo inizi un po' incerti, la Corazzata si è evoluta sino ad
imporsi con lavori della portata di "Avanguardia Rumorista" e il recente "Stornellando in grigio verde", album che presentano un riuscito crossover
di sonorità marziali molto spesso declamate in italiano, pezzi elettro-acustici
e ballate strappalacrime. Non mancano momenti sperimentali dove vengono
utilizzati strumenti autocostruiti e artigianali che rappresentano un tentativo
di creare suoni propri che non sempre riesce a tutti.
L'estetica della Corazzata è un pugno in faccia, una
dichiarazione di forza e volontà che non esclude humour nerissimo con packaging
limitati bizzarri ed espliciti riferimenti al ventennio.
Ma di questo e tanto altro, ci parlerà Gabriele, mente e
corpo del progetto.
Iniziamo questa
chilometrica intervista con una domanda che mi sono fatto appena incrociato il
nome del tuo progetto. Corazzata Valdemone non è soltanto un moniker che evoca
volontà di potenza o qualcosa che ti schiaccia come un rullo compressore, ma ha
anche un significato legato strettamente alla tua terra di provenienza.
Illuminaci su questo argomento per favore.
Quando decisi di mettere in piedi questo progetto desideravo
un moniker che dovesse racchiudere in se tutti gli aspetti principali della mia
musica. Innanzitutto volevo che ci fosse un riferimento territoriale con i
luoghi in cui vivo, cioè la Sicilia, e scelsi il termine Valdemone con cui era
chiamata anticamente la parte ad est dell'isola. D'altro canto volevo un nome
che suonasse molto pomposo, altisonante e bellicoso e scelsi il termine
Corazzata. Dall'unione dei due termini scaturisce un senso di mistero lasciando
pensare a chissà quale residuato bellico e penso che sia il nome ideale per un
progetto come il mio.
Chi è e cosa intende
dire e fare la Corazzata Valdemone. Raccontaci chi è la sua mente e illustraci
chi sono stati i tuoi collaboratori principali almeno negli ultimi anni.
La Corazzata nasce nel 2003, in un periodo in cui la scena
Martial/Industrial era al suo apice creativo, ma ho sempre trovato un po'
contraddittorio vedere che gente come Von Thronstahl, Les Joyeaux de la
Princesse o Toroidh utilizzassero un'estetica fortemente militaresca associata
a dei suoni orchestrali che - per quanto pomposi - erano tutto sommato docili e
molto atmosferici.
Trovavo che queste tematiche necessitassero di maggiore
foga, irruenza e soprattutto rumore, così decisi di mettere in piedi questo
progetto per tradurre in musica la vera essenza della guerra. Nel primo periodo
della mia discografia ho dato parecchia attenzione alla fusione di musica,
voci, samples e campionamenti di battaglia in modo che potessero risultare come
un unicum e - riprendendo un passaggio del manifesto della Corazzata - che le
parole si facessero musica e la musica portasse con se un messaggio nitido ed
inequivocabile.
Riguardo alla seconda parte della tua domanda c'è da dire
che la Corazzata è nata come un progetto solista e così è sempre rimasto fino
ad oggi. Ho avuto moltissime collaborazioni delle quali porto un bel ricordo,
ma quelle che ricordo con maggior affetto sono Deviate Damaen, Sigfried, che
ho avuto anche il piacere di avere sul palco al release party di Stornellando
in Grigioverde il 1 marzo scorso, insieme a Stefania D. ed il grande John Purghezio
degli Zetazeroalfa. Ad ogni modo il ringraziamento più grande va al mio
principale collaboratore ed amico storico Carlo Carbone degli Art Inferno che è
sempre stato presente durante tutta la mia crescita artistica e che ha firmato
diversi dei più bei brani della mia discografia.
Riguardo alla mente che sta dietro al progetto non credo che
possa essere interessante sapere cosa faccio nella vita di tutti i giorni o che
piatti preferisco mangiare. Io sostengo che un artista non bisognerebbe mai
conoscerlo fino in fondo, dunque preferisco che la gente che mi segue idealizzi
l'immagine di me che preferisce.
Il progetto esiste da
tanti anni ormai, ma l'evoluzione degli ultimi anni, musicale ed estetica è
stata impressionante. Composizioni, grafiche e suoni sono radicalmente
migliorati. Come pensi sia avvenuta questa crescita?
Ti ringrazio per le belle parole, è semplicemente successo
che ad un certo punto del mio percorso musicale ho smesso di campionare vecchie
registrazioni di canti di guerra ed ho iniziato a risuonarli io...
Fondamentalmente si tratta di un approccio alla melodia che avevo già
sperimentato - seppur in modo abbastanza acerbo - ai tempi dei Kannonau e che
adesso ho provato a riproporre con maggiore cognizione e perizia. Con gli anni
ho iniziato ad acquisire anche una maggiore dimestichezza con strumenti
analogici ed ho iniziato a ripulire le mie composizioni che, per quanto
affascinanti, meritavano di essere arrangiate e realizzate con maggiore
professionalità. Sono sempre stato convinto che con metodo, ordine e pazienza
si possano ottenere grandi risultati, così per la musica come per le grafiche,
ed ho iniziato a dedicare molta più attenzione ai miei lavori, cercando - nei
limiti del possibile - di non farmi prendere dalla frenesia e riflettendo a
lungo sulle mie realizzazioni, finchè non ne sono totalmente soddisfatto.
Solitamente ho sempre curato personalmente le grafiche dei
miei lavori, ma su "Avanguardia Rumorista" ho ceduto volentieri il
compito a Nickolay Busov della UFA Muzik che è un grafico professionista ed è
inutile dire che sono assolutamente soddisfatto del risultato finale. Dopo
quell'episodio è venuto il turno di "Stornellando in Grigioverde" per
il quale sono tornato ad occuparmi personalmente dell'artwork, che desideravo
potesse mantenere uno standard qualitativo all'altezza del precedente. Mandai
la prima bozza ai ragazzi della Wolf Age che - pur apprezzando - mi spinsero a
rifare, migliorare, affinare e rivedere ben 7 differenti grafiche fino a quella
che è divenuta quella ufficiale. Oggi ci tengo a ringraziarli pubblicamente per
la pazienza e la tenacia.
So che nel tempo
libero, ti diletti nella costruzione di strumenti a molla e altre diavolerie
sonore, alcuni dei quali ora in possesso di famigerati musici industriali.
Parlaci di alcuni di questi esperimenti, come li hai realizzati? con che
materiali ti piace lavorare? (aggiungi materiale iconografico)
Si è vero, sono molto affascinato dalle fields recording,
dai campionamenti ed anche dalla realizzazione di strumenti artigianali che mi
diletto a costruire nel tempo libero. Si tratta di strutture molto semplici con
molle di diverse lunghezze e durezze, alcuni thunder maker ed altri oggetti che
mi piace costruire per ottenere suoni abbastanza personali.
Una delle mie prime realizzazioni si chiama
"Tremerario" e si tratta di uno strumento realizzato con diverse
molle collegate tra di loro per dare una maggiore risonanza. Si tratta di un
oggetto a metà strada tra un opera d'arte contemporanea ed uno strumento vero e
proprio del quale ne esistono solo 2 esemplari, uno dei quali in dote ad un
musicista di Como, mentre un'altro strumento per certi versi simile è finito tra
le mani di Piero Stanig aka Naxal Protocol (ex Cazzodio).
Si tratta di oggetti molto semplici, nulla di
trascendentale, ma il suono della ferraglia ha un fascino irresistibile anche
senza alcun tipo di effettistica...
Come sei giunto a
questo genere di sperimentazione sui materiali? Forse a un senso di
riappriopriazione di una dimensione più fisica del suono in un momento in cui i
software synth e la musica intangibile in generale spopola?
La tua interpretazione è molto interessante e penso che a
livello inconscio sia sicuramente una buona lettura. Ho sempre odiato quelle
bands, soprattutto in ambito marziale, che utilizzano suoni freddi analogici o
loop infiniti, mentre invece ho sempre ammirato gente come Einsturzende
Neubauten che invece sperimentano con tutto quello che gli capita sotto mano...
in fondo la nostra è una scena "Industriale", bisogna pur sporcarsi
le mani, no? In un mondo in cui tutto è di plastica, seriale, standardizzato ho
pensato che realizzare qualcosa di unico potesse aiutarmi a forgiare un suono
personale che nessun synth o vst potrà mai riprodurre.
Parliamo del tuo
ultimo lavoro "Stornellando in Grigioverde". Da cosa nasce il concept
e come si è sviluppato. Noto riferimenti alla prima guerra mondiale di cui cade
oggi il centenario. Che aspetti volevi presentare nella tua opera?
Stornellando in Grigioverde è un lavoro molto concettuale
che non mi spingo a definire concept album, ma nel quale ho provato a
focalizzare l'attenzione sul tema della Grande Guerra di cui - come anticipavi
- quest'anno ricorre il centenario dell'entrata dell'Italia nel conflitto.
Alcuni brani trattano tematiche differenti, ma il tema dominante è quello della
prima guerra mondiale, di cui non ho cercato di idealizzare una figura
romantica come hanno fatto in passato artisti ben più bravi di me, ma mostrando
il lato ardito e valoroso dei soldati che hanno combattuto in condizioni
disumane ed hanno servito la Patria con devozione e convinzione fino alla
vittoria. L'episodio che amo maggiormente è Memorie, in cui è possibile
ascoltare le registrazioni di due poesie recitate a memoria da una donna di 106
anni che ha vissuto entrambe le guerre mondiali e che oggi non c'è più.
Rispetto al
precedente Avanguardia Rumorista sembri concentrarti maggiormente, e mi permetto
di dire con ad atmosfere più percussive e militaresche, piuttosto che l'aspetto
melodico con cui hai segnato pezzi memorabili. Come mai questa scelta?
Da Avanguardia Rumorista ho iniziato a concepire brani che
avessero una struttura definita secondo una forma-canzone, dunque è ragionevole
dire che Stornellando in Grigioverde ne sia la naturale evoluzione, ma per
quanto riguarda le atmosfere ho momentaneamente accantonato le parti melodiche
che avevano caratterizzato brani come Gorizia, in favore di altri più
aggressivi e rockeggianti come Risorgere! o The March of Fire dove fanno bella
mostra le chitarre elettriche. L'influenza di Varunna e Blood Axis è
evidentissima su questi brani, ma ho cercato di rendere il lavoro molto vario
inserendo brani marziali, alcune parti liriche e le immancabili parti rumoriste
che hanno caratterizzato fino ad oggi tutti i miei lavori. La scelta dei brani
che compongono i miei album fino ad oggi è stata molto casuale, dunque era
possibile ascoltare in sequenza un brano melodico e un noise uniti tra di loro
solamente da un discorso concettuale; sull'ultimo album ha influito molto
l'aspetto lirico ma dai prossimi lavori cercherò di seguire uno stile comune a
tutti i brani, raccogliendo solo brani "musicali" o solo brani Industrial
a seconda del tipo di album.
Parlando del passato,
"Avanguardia.. " si apriva con una clamorosa versione di
"Gorizia". Parlaci di questo canto, da dove nasce l'idea, ecc. La
voce ha un'impostazione diversa dal solito...
Gorizia è uno dei brani a cui sono maggiormente affezionato
ed ho deciso di reinterpretarla anche per via della sua storia molto
interessante. Nato come canto alpino della prima guerra mondiale, ebbe numerose
reinterpretazioni e rivisitazioni, una delle quali a mano di quella fazione di
soldati che contestavano i generali che li mandavano a morire, così questa
versione divenne presto popolare tra i disertori e negli anni a venire
comparirà spesso tra i canti anarchici. Io ovviamente ho preferito riproporre
la versione originale, arrangiata e suonata da Carlo Carbone mentre riguardo
alle vocals ho deciso di adoperare una timbrica decisamente inusuale ed
inaspettatamente melodica rispetto alle mie produzioni passate. Quando decisi
di reinterpretare questo brano non sapevo come avrebbero potuto rispondere le
persone che seguono la mia musica, ma oggi penso di poter dire che sia uno dei
brani più rappresentativi della mia discografia. Il 24 maggio scorso, in
occasione del centenario dell'entrata in guerra dell'Italia, i ragazzi di Casapound
hanno organizzato una commemorazione al sacrario di Redipuglia, durante la
quale hanno riprodotto questo brano insieme ad altri attinenti e per me è
motivo di grande orgoglio.
La Corazzata è uno
dei pochi gruppi industrial/neofolk che si è fatto un cattivo nome per aver
suonato anche in situazioni apertamente politiche anche se, mi sembra di
capire, che la Corazzata non sia un progetto politico vero e proprio. Mi
sbaglio? Parlaci di cosa ti ha portato a suonare ad esempio al Circolo
Futurista Casalbertone e che conseguenze ha avuto nella scena più
"moderata"?
La Corazzata Valdemone attinge a piene mani dal Fascismo,
questo è chiaro come il sole, ma il mio approccio alla materia è da
considerarsi più nostalgico che altro, nel senso che non ho mai fatto nessun
tipo di propaganda politica perché ritengo che il Fascismo dal quale traggo ispirazione è morto nel 1945.
Detto questo è chiaro che - per rispondere alla tua domanda - col mio progetto
sono più interessato alla storia che alla politica.
Ne consegue che in una scena popolata di anarchici,
sovversivi e sbandati mi sia creato una cerchia di nemici agguerritissimi che
mi hanno sempre intralciato e osteggiato in tutti i modi, ma mi consolo
pensando che se avessi voluto il consenso di tutti avrei fatto musica pop, no?
Il concerto al Circolo Futurista ha una storia abbastanza
esemplificativa di come funzionano i locali in Italia. Il boss della Scorze
Rec. stava organizzando una serata noise al Dal Verme di Roma con Fukte,
Autocancrena e Corazzata Valdemone. Il problema sorse a 10 giorni dal concerto,
quando il proprietario del locale si rifiutò di farmi suonare nel suo locale
coprendomi di insulti e citando tra i vari problemi la mia amicizia virtuale
con i ragazzi del Circolo Futurista, così mi rimboccai le maniche, contattai i
ragazzi del Circolo e gli proposi di andare a suonare da loro la stessa sera
come risposta.
In Italia i circoli Arci, le associazioni culturali e buona
parte dei locali pratica questo tipo di politica nella scelta delle bands che
possono suonare dal vivo e lo possiamo notare dalla qualità infima della musica
dal vivo nel nostro paese.
Esiste ancora un modo
di fare provocazione intelligente oggi ed esiste un confine definito tra
provocazione e ideologia?
La provocazione è una delle poche armi che riesce ancora a
destare il pubblico dal torpore indotto dal bombardamento mediatico di
televisioni, internet e pubblicità. Ogni giorno è sempre più difficile stupire
o scandalizzare la gente che è sempre più abituata agli eccessi o a finte
provocazioni studiate dai professionisti del marketing. Una volta bastava una
tetta nuda per destare scalpore mentre oggi è tutto più complicato e non so
proprio dirti se esista ancora un modo di stupire intelligentemente senza
sfociare nel cattivo gusto e nella politica.
Personalmente me ne infischio sia del buon gusto che del
politically correct ed ho sempre fatto quello che ritenevo più interessante,
che si tratti di grafiche, foto promozionali o packaging dei miei lavori.
Qualcuno ha detto che
la politica è la forma più alta di arte. Cosa ne pensi?
Penso che la politica sia una forma mentis e che vada
portata avanti con convinzione in qualsiasi cosa si faccia. Comprare una
macchina è politica, fare la spesa è politica, fare l'amore è politica. Ogni
nostra scelta dipende da una convinzione e non ultima anche l'arte è politica.
Anzi, in riferimento alla tua domanda, mi viene proprio da pensare che sia il
contrario e che l'arte sia la forma di politica più alta, in quanto capace di
orientare le masse.
Al di fuori del tuo
progetto principale hai fatto diverse collaborazioni con nomi più o meno noti
dell'ambiente sperimentale. Quali sono state le esperienze più interessanti e
quali saranno le prossime?
Oltre a Corazzata Valdemone ho recentemente dato vita ad un
nuovo progetto chiamato Solco Chiuso dove ho ripreso a suonare Industrial/noise
per compensare gli ammorbidimenti stilistici della Corazzata ma senza alcun
tipo di riferimento alle tematiche totalitarie di questo progetto.
Con questo nuovo progetto ho avuto la possibilità di collaborare
con amici ed artisti che - per ragioni ideologiche - non avrebbero avuto nulla
a che fare con Corazzata, così ho finalmente avuto il piacere di collaborare
con eccellenze della scena italiana. Il debutto dovrebbe essere disponibile in autunno per una neonata
label francese.
Oltre questo c'è in pentola un nuovo progetto molto
interessante nel quale sono coinvolto ma del quale non voglio svelare il nome finché
non sarà tutto pronto. Il debutto ufficiale dovrebbe uscire entro la fine
dell'anno e vedrà la partecipazioni di numerosi nomi illustri della scena
internazionale.
In generale, quale è la situazione attuale dell'underground in Sicilia al momento? Ricordo una scena metal spaventosa a Catania
negli anni 80/90 e altri progetti interessanti anni dopo.
La scena underground siciliana - special modo quella metal -
è sempre stata di altissimo livello, basti pensare a nomi come Schizo, Sinoath,
Mondocane, Journey through the dark (poi Art Inferno), Bunker 66 e tante altre
formazioni che hanno fatto la storia della musica estrema nazionale, mentre
riguardo a sonorità a noi più vicine il discorso cambia drasticamente e si crea
il vuoto assoluto. Qualche artista interessante a Palermo nella scena ambient
ma nulla più.
Senza cadere nei
maledetti stereotipi su mafia, ecc. mi chiedo come sia la vita di un progetto
particolare come il tuo in una terra come quella in cui vivi. Quali le maggiori
difficoltà?
Riguardo alla musica gli stereotipi su mafia e criminalità
non hanno influenza, ma in generale posso dirti che vivere in un luogo dove sei
costretto ad ordinare per posta tutti gli strumenti perchè non ci sono negozi
specializzati, non ci sono locali per ascoltare qualcosa di interessante o per
conoscere gente che condivide i tuoi stessi ascolti è duro. Quando trovo
persone che ascoltano i miei stessi generi mi sembra un evento eccezionale
mentre invece in altri posti è semplicemente la normalità. Anche a livello
tecnico è molto più complicato riuscire a risolvere problemi tecnici con
persone che non condividono i miei stessi problemi perchè estranee al genere.
Di contro c'è da dirsi che vivere lontano dalla cosiddetta
scena mi evita molte rotture di scatole, ipocrisie inutili e mi solleva
dall'odiare apertamente molta gente.
Cosa bolle in pentola
per la Corazzata Valdemone?
Oltre alle collaborazioni "extra coniugali" di cui
ho accennato, con Corazzata sono già al lavoro sui nuovi brani che andranno a
comporre il prossimo album. Si tratta di una sorta di tribute album nel quale
voglio coverizzare diversi canti, stornelli e canzonette che mi hanno
influenzato in questi anni, rileggendoli in chiave moderna. Per l'occasione sto
valutando la collaborazione di diversi musicisti che possano aiutarmi a suonare
dal vivo la maggior parte degli strumenti. Parallelamente sto per finire una
suite Industrial di circa mezz'ora che dovrebbe apparire per fine anno su uno
split cassetta con uno degli artisti Italiani più importanti della scena
Industrial. Presto maggiori informazioni!
Inauguriamo uno
spazio interviste sulla nostra pagina con questa esaustiva chiacchierata.
Finlandia, ultima
frontiera d'Europa, perennemente assediata da neve, ghiacci e interminabili
inverni. Durante la sua storia, ritrovata ad erigere vere e proprie muraglie
umane che hanno resistito alle pressioni dell'orso di Mosca in una serie di
conflitti conosciuti solo ai più attenti studiosi di vicende belliche.
Finlandia, terra di immense pianure, laghi distribuiti capillarmente e musica
estrema per tutti i gusti. Nonostante il relativamente basso tasso demografico,
la Finlandia pullula di valenti rappresentati di tutte le latitudini ed
espressioni di musica estrema: black metal, noise, hardcore, neofolk, crust,
ambient, industrial, tutti i generi e le sottoculture trovano rappresentati di
spicco nelle terre del poema epico Kalevala.
Ed è da persone
provenienti da questi ambienti che nasce Vapaudenristi, una delle migliori
realtà RAC/OI! del nord Europa che intraprendono con successo un percorso
personale di rilettura di un genere che ultimamente spesso fatica sia per
mancanza di effettive novità che facciano gridare al miracolo che per un
orientamento, soprattutto delle nuove generazioni, verso sonorità più rocciose
e veloci di marca NSHC. Con una manciata di demo (recentemente ristampati), una
serie di split, un 7" e un poderoso debutto su LP/CD che sta facendo tanto
parlare, nonché una serie di chiacchieratissimi concerti sia in ambienti
“nazionalisti” che "ibridi", il power trio riporta la Finlandia sulla
mappa del RAC/OI! internazionale, proseguendo sul solco tracciato da gruppi
storici come Mistreat, Snipers, ecc.
Riassumere lo
stile musicale dei Vapaudenristi in poche parole è impresa ardua vista la
personalità della proposta che è sicuramente da echi di primordiale Panzer
Rock, una voce cavernosa, ma non priva di inflessioni melodiche, che ricorda il
miglior Manolo dei Division 250 degli inizi, un suono molto particolare,
roccioso e a tratti scuro e che ricorda certe produzioni black metal più ruvide
seppur non cedendo un passo alla tentazione di un ennesimo crossover NSBM/RAC.
Quello che distingue il gruppo da tanti altri sono gli arrangiamenti, composti
con perizia, con cambi e giri mai scontati e, soprattutto, i cori epici e
spesso malinconici, coerenti con lo spessore dei testi personali anche quando
parlano di temi a noi cari.
La seguente
intervista è stata condotta durante l'estate con il progetto all'alba di un
periodo molto caldo per il gruppo che li ha portati ad essere nel mirino dei
soliti noti poco informati. Per gli anglofoni consigliamo la lettura di questo esaustivo resoconto pubblicato sul profilo facebook del gruppo, vera e propria
case study da manuale, esempio di creatività da psicopolizia democratica che,
grazie alle sue sirene, ha fatto non poca pubblicità a tutti i coinvolti con
tanto di interviste radio e articoli su MTV, evento inedito per la tranquilla
Finlandia dove tutto sembra possibile.
Bene, penso questa sia la prima intervista a
Vapaudenristi per il pubblico italiano. Presentateci tutto quello che c'è da
sapere sul progetto. Come è nato il gruppo, chi è coinvolto e quali sono i suoi
obiettivi?
Vapaudenristi è
nato nel 2006. Le prime registrazioni risalgono al 2007 ed erano composte per
lo più da canzoni demo. Sino al 2014 era da considerare una one-man-band e
vennero organizzati un paio di concerti molto privati suonati da collaboratori
temporanei.
Dopo l'album di
debutto, la situazione è cambiata e la line-up si è stabilizzata con la
possibilità di partecipare a veri e propri live. Di recente abbiamo provato un
nuovo batterista.
Tutti i membri
del gruppo hanno avuto esperienze in progetti di altri generi. Nonostante il
bassista abbia oggi un ruolo attivo che comprende la composizione di giri di
basso, arrangiare cori e seconde voci, nonché scrivere nuovi pezzi,
Vapaudenristi è ancora principalmente basato sulle mie idee. Ho comunque dato
il benvenuto a membri attivi che sono ben più che semplici aiutanti. I
componenti del gruppo sono tutti finlandesi tra i 30 e i 40 anni.
Penso che molti non finlandesi siano interessati a
conoscere il significato sia del nome del vostro gruppo che del logo. Potreste
dirci qualcosa a riguardo?
Vapaudenristi è
il nome della cosiddetta "croce della libertà". Il significato
moderno dato alla libertà è sicuramente diverso da quello dei vecchi tempi.
Il simbolo
presente sulle nostre produzioni è la medaglia d'onore data a chi ha servito la
Patria. Salta subito all'occhio la caratteristica che è la croce solare
finlandese. La medaglia venne creata nel 1918, durante la guerra civile tra
finlandesi bianchi e rossi. Il simbolo è ancora utilizzato a oggi in vari modi,
ma il significato a cui mi riferisco è “lavorare attivamente a servizio della
Patria”. Non intendo essere servi di uno stato corrotto, ma della Nazione.
Sebbene la medaglia ufficiale venga data per lo più a militari, ma i testi delle
nostre canzoni parlando delle nuove minacce in questo mondo globalizzato:
alienazione, inutilità, economia mondializzata e comportamenti parassitari
generalizzati. Il popolo che dimentica la sua cultura e le sue tradizioni,
l'influenza distruttiva del marxismo, ecc. Lottare per la patria oggi non vuol
dire necessariamente prevenire che eserciti stranieri vengano schierati sul
confine o iniziare una guerra civile aperta tra differenti ideologie, ma deve
essere una battaglia contro l'invasione di popolazioni apparentemente pacifiche
e le false idee che fanno marcire la nazione dal di dentro in maniera non
violenta!
Detto questo,
Vapaudenristi non si considerano conservatori, ma rivoluzionari; non vogliamo
una restaurazione del passato, ma un movimento che va in avanti!
Tutti gli attuali membri del progetto sono
coinvolti in progetti più o meno conosciuti di generi distanti da quello che
suonate attualmente. Quali, se ne esistono, i punti in comune e le differenze
con questi altri aspetti dell’underground? State ottenendo riscontri anche in
ambienti non d'area?
I Vapaudenristi
non hanno mai puntato ad essere esclusivamente un gruppo rinchiuso nella scena
RAC. Naturalmente i demo venivano venduti ai concerti organizzati da B&H e
altri gruppi skinhead, ma l'obiettivo è sempre stato quello di nutrire idee di
"nuovo sangue". Gruppi che non fossero ingabbiati nelle profondità
dell'underground wp, ma che portassero radicalismo e idee forti anche in quello
che noi chiamiamo underground musicale "normale".
Credo ci sia
bisogno di una battaglia culturale totale per offrire alternative alle tendenze
umaniste e liberali propinate dalle sottoculture di sinistra. Preferisco
promuovere un'idea di controcultura dove non si segua semplicemente una
corrente già predominante, ma che faccia nascere opposizione. Non solo una
separata in celle estremiste accessibili a un pugno di fanatici, ma una che
sparga idee a tutti, secondo una prospettiva più vasta oltre la musica e alla
cultura. Non seguendo un approccio dogmatico che funzioni solo per persone che
condividono le medesime idee, ma che vedano tutte le possibilità dove si
possano presentare idee utili alla causa.
Credo che un approccio più eccentrico offrirà risultati migliori. Alcuni
potranno intravedere delle contraddizioni, ma credo in una dottrina
matematicamente precisa, abbiamo bisogno di uomini d'azione. Questo, nel senso
di fare veramente qualcosa, invece di pianificare all'infinito. Non penso che
dobbiamo spiegare ogni minimo dettaglio di questo approccio per essere credibili
o fare parte, ma andare all'assalto come avanguardie.
Uno dei particolari del vostro suono che mi ha
impressionato maggiormente è come siate in grado di mischiare assieme un
approccio minimale e barbarico con uno stile frontale e senza fronzoli.
Nonostante questo, scrivete ogni pezzo come se fosse una potenziale hit.
Sembrate avere la stessa attitudine primordiale del black metal delle origini,
ma con una costante presenza di ritornelli che non perdono mai un colpo e che,
nonostante le differenze linguistiche, possono essere apprezzati da chiunque
ascolti classico OI!/RAC. Cosa tentate di raggiungere quando scrivete un nuovo
pezzo?
È un'osservazione
molto accurata. Il mio obiettivo è che la maggior parte dei pezzi sia
memorabile. Per capirci, per me è difficile sintonizzarmi con molta musica
nazionalista moderna, che è sicuramente aggressiva ma manca quello spirito
accattivante e orecchiabile. Che dire di suoni studio puliti che sembrano privi
del tocco di una mano umana? Mi danno l'impressione di essere parte di una
catena di montaggio di prodotti musicali, così come l'utilizzo di grafiche
computerizzate anonime.
Voglio che la
musica colpisca con più forza possibile, ma che si percepisca il fatto che sia
composta da persone, in opposizione alle produzioni di massa dell'industria
dell'intrattenimento.
Questo è l'aspetto
che più apprezzo in gran parte della musica, sia metal, punk o noise. Qualcosa
che sia in movimento, che penetri nel cervello immediatamente e che nutra
l'anima di energia. Ritornelli orecchiabili hanno lo stesso impatto di un grido
di battaglia. Urla d’aggressione e potenza collettiva. Testi che non siano
semplicemente divertenti o che sembrino interessanti, ma che catturino persone
che testimonino il lavoro svolto con sentimenti che lo incoraggino a unirsi
alla folla urlante. Questo si vede spesso a concerti e adunate collettive. La
musica evoluta fornisce sicuramente tante possibilità, ma per ottenere una vera
e propria esaltazione, abbiamo bisogno di canti di battaglia ruggenti che
ottengano un impatto immediato e che trasmettano “sostanza”.
Sono rimasto molto colpito dalle grafiche del
vostro album di debutto "EI MAATA ILMAN KANSAA", che cosa
rappresenta?
L'immagine
originale è stata presa da un vecchio libro tedesco che mostra un uomo che
omaggia il sole. Non posso sapere cosa volesse esprimere esattamente l’artista
negli anni '30, ma, per quel che mi riguarda, rappresenta la connessione
naturale alla lotta della vita. Il titolo dell'album può essere tradotto in
"Nessuna nazione senza popolo" o "Nessuna terra senza la sua gente".
Esprime l'idea di connessione tra sangue e suolo, in quest'ordine anche
l'apprezzamento per la natura gioca un ruolo importante, invece di ossessioni
apertamente umanitarie. L'albero sul retro mostra tutte le sue radici, vale a
dire l'unione simbolica con la terra da cui cresciamo. C'è gente che propaganda
idee di nomadismo senza radici, o quanto sia fico essere "cittadini del
mondo"". Noi no.
Progetto
personalmente tutto quello che riguarda Vapaudenristi. Sotto il profilo tecnico
volevo distanziarmi dal "normale prodotto di fabbrica". Quindi ogni
copia del CD/LP è realizzato a mano. Ho ordinato solo i CD e le custodie dalla
fabbrica, ma la serigrafia, l'incollatura delle grafiche e i libretti sono
stati fatti tutti a mano. La musica è stata registrata nel mio studio domestico,
tutto con veri strumenti e amplificatori. Volevo dare tocco “umano” nell'album,
il lavoro di un artigiano tradizionale, coinvolto dall'inizio alla fine nella
manifattura, e non parte di una catena di montaggio.
Lo stesso è
successo per lo split 12" Vapaudenristi/Pyhä Kuolema", dove tutte
le copie sono state serigrafate a mano.
Come avete avuto l'idea di realizzare l'ottimo
split con il progetto neo-folk PYHÄ KUOLEMA? Come ha reagito la fetta di
pubblico più conservatrice?
Come già detto, ho
la speranza che la musica radicale possa rompere i limiti del concetto di
"genere". Do sicuramente valore all'idea di fratellanza, dove la
nostra musica sia tutta per noi e non per "loro". Ma penso sia anche
cruciale ricordare che il nostro messaggio non vada predicato ai convertiti ed
è positivo che questo materiale vada oltre la cerchia di questa
"fratellanza". Non dico che bisogna per forza diventare un prodotto
di massa o puntare a una popolarità superficiale, ma dobbiamo tentare di connetterci
con il vero sentire delle persone. Così come negli anni passati i gruppi
riuscivano a raggiungere nuova gente, creare grandi movimenti, ecc.
Pyhä Kuolema è un
progetto folk che non può essere definito politico e non ha tematiche
identitarie definite, ma è caratterizzato da un'atmosfera esoterica che rimane
vaga e inspiegata.
La sua forza
assoluta è combinare personale, esoterico, storico, nazionalista e mitico in un
unico sentimento oscuro, in cui si può trovare ben di più che dichiarazioni
d'impatto, proponendo una vasta quantità di metafore che rispecchiano le mie
visioni. Mentre Vapaudenristi offre
messaggi decisamente più diretti, desidero che invece di mettermi in un angolo
ghettizzato da forme apparentemente intransigenti, chi ascolta possa
considerare normale la nostra musica e non a marginalizzarla! Combattiamo
contro le espressioni vuote dell’intrattenimento, ma secondo i nostri termini.
Certe volte nel loro campo, altre creando nuove alternative.Per quel che
riguarda l'album, i riscontri sono stati per lo più positivi. È distribuito tra
i dischi "normali" anche da diversi negozi di dischi finlandesi e
mail order. Lo stesso succede
anche con il materiale di Vapaudenristi che certamente raggiunge più fan
musicali comuni che altre uscite della scena RAC, ma non ho ancora visto tante
reazioni negative al momento.
Pur amando il suono della lingua finlandese,
escludendo alcuni insulti imparati visitando la vostra terra qualche anno fa,
capire i vostri testi per un non oriundo è abbastanza ostico. Quali sono i temi
principali affrontati dalle vostre canzoni?
La gran parte dei
testi hanno a che vedere con la nostra visione del mondo. Alcuni sono d'impatto
e diretti, altri più simbolici. Si parla di opporsi alla globalizzazione, alla
perdita delle radici, all'invasione incontrollata di popoli, cantiamo le nostre
osservazioni sulla follia della cultura marxista e delle influenze aliene.
Affrontiamo storie di guerre, lotte, insurrezioni di uomini mitici, ecc. I
nostri testi non sono osceni e non sono patologicamente fissati con l'odio.
Spesso è presente una nota malinconica, ma non mancano i momenti “trionfali”.
Le nuove uscite presentano la traduzione dei testi all'interno delle copertine
e non escludo che in futuro presenteremo anche tutte le vecchie canzoni.
Penso che cantare
in lingua madre dia più potere ed emozione alle parole. È troppo facile
scrivere testi generici in inglese, ma spesso richiede molto più tempo scrivere
nella tua lingua e ottenere un buon effetto.
Il risultato non
è mai un "tanto per cantare", ma qualcosa che intendi veramente visto
che il messaggio viene fuori molto chiaramente.
Siete attivisti in qualche movimento e qual è la
vostra visione della politica, soprattutto a riguardo della situazione finlandese?
Non sono
interessato alle politiche dei partiti. Non ho mai votato ne partecipato ad
alcuna elezione democratica. Penso si possa dire che il mio
"personaggio" è un po' eccentrico rispetto alla media delle persone
“normali”, quindi dubito sarebbe utile farmi lavorare pubblicamente per
organizzazioni politiche. Il mio ruolo è nell'ombra, dietro le tende, come un
lupo solitario che contribuisce da dietro le fila.
Credo che abbiamo
bisogno di un nuovo approccio verso la vita e la morte, essere contro
l'ideologia umanitaria, la democrazia e quello che l'uomo moderno chiama
"felicità". Scatenare una visione del mondo drasticamente differente
o anche cambiare mentalità, qualcosa che può essere descritto solo come un
trattamento shock. L'assalto deve essere esteriore, così come interiore, un
processo che le persone dovrebbero affrontare per valutare il mondo e,
soprattutto, se stessi.
Da chiacchierate fatte in passato so che apprezzi
diversi progetti italiani d'aera. Come ne sei venuto a conoscenza e cosa
conosci della situazione italiana?
Ho letto molto su
CPI e sui più grandi festival skinhead. Tra i gruppo che apprezzo in Italia
Bronson, Nessuna Resa, Dente di Lupo, etc. La gran parte dei miei progetti RAC
preferiti sono vecchi gruppi appartenenti alle scena tedesca, francese ed
inglese. Naturalmente ci sono progetti validi in gran parte delle nazioni.
Apprezzo per lo più voci grezze e un'atmosfera più "artigianale". Più
punk rock che hatecore. I progetti italiani che ho citato mi sono stati consigliati
da vari conoscenti. Oggi le voci viaggiano velocemente e in Finlandia c'è molta
attenzione per quanto succede in Italia. Pensa che abbiamo anche una divisione
supporter Zetazeroalfa finlandese con forte presenza sui social network,
campagne di attacchinaggio adesivi, ecc.! Sono ben contento di ricevere
ulteriori suggerimenti e scambi da persone e gruppi. Tutto quello che è
primitivo, duro, orecchiabile e diretto mi interessa!
Volete aggiungere qualcos'altro?
Grazie per
l'intervista. Chiunque fosse interessato a Vapaudenristi, troverà diverse
canzoni su youtube tratte da vari dischi. Contattateci pure per vinili,
cassette, cd e magliette, spesso realizzate personalmente in tiratura limitata,
non anonimi prodotti realizzati su scala industriale. Contatti da persone
interessate e distribuzioni sono benvenuti! Ci sono già un paio di distro
italiane in possesso di nostro materiale (NDR: RTP e Blackshirts Records).
Dopo una serie di split, demo e compilation, ecco finalmente uscire il debut album dei Nessuna Resa, intitolato "Le stagioni della vita". Uscito il 13 settembre 2014 ed interamente prodotto da Black Shirts Records, il lavoro si presenta come un concept album "in antitesi ai dogmi precostituiti imperanti nell'attuale mondo di rovine, siano essi di natura etica, politica o religiosa" (come spiegato nella prefazione). L'album si apre con l'evocativa "Memorie dall'esilio", un brano di matrice punk, ma con un testo chiave che ci introduce ai temi che andremo a toccare nell'opera. Interessante la parte finale parlata del brano che in un verso elenca e spiega tutti i titoli presenti ne "Le stagioni della vita". "Ultimi guerrieri" è una ballad dedicata a tutte le figure del soldato-guerriero che nel corso del '900 hanno animato la storia: dal soldato tedesco all’aviatore nipponico, ai giovani cuori della Repubblica Sociale Italiana. Segue "L'anticristo" con vaghi richiami al black metal, con tanto di outro estratta da "The crying orc" di Burzum, la one-man band del "conte" Varg Vikernes, dove si rilegge l'omonimo saggio di Friedrich Nietzsche. Si passa alla bellissima "La città del silenzio" (che già da sola vale l'acquisto dell'intero disco), dove una linea di sassofono la fa da padrona. Ci ricordano molto i 270 Bis per questa scelta ed il risultato non manca! "La città del silenzio" è una delle tracce più importanti dell'album, dove si parla di Lucca e dei suoi guai. "La fredda luce del giorno" è una canzone dedicata alla seconda guerra mondiale con un testo mistico dove si evidenzia il valore ed il sacrificio del soldato in trincea. L'imponente "Cavalcare la tigre" è lo spartiacque del disco: sempre dedicata ad una visione mistica del secondo conflitto mondiale, paragona i camerati caduti negli anni di piombo con i ragazzi della Repubblica Sociale Italiana. Riemerge il concetto evoliano di affrontare le difficoltà nonostante la sfida sia impossibile, appunto di cavalcare la tigre, affrotare ciò che è considerato follia. Con "Frammenti" si raggiunge una buona linea melodica piena di cori che la fanno da padrona per tutta la durata della traccia; ottimi inoltre gli assoli di chitarra e l'arrangiamento. "Siberia" non è altro che un'ottima cover dei Diaframma di Federico Fiumani che ben si amalgama con gli argomenti ed i suoni presenti nell'album. Si arriva a "La linea d'ombra", un brano dedicato all'omonimo romanzo breve di Joseph Conrad. Carismatica la parte finale parlata, tratta direttamente dai dialoghi del libro. Segue il secondo capitolo di "Autunno", più acustica e melodica rispetto al precedente capitolo presente sullo split album "Tempo che non ritorna - ... Au bout de la nuit, au cœur de l'ombre..." coi francesi Lemovice del 2013. Il masterpiece si conclude con la title track strumentale, omaggio del musicista Davide Prew, che lascia all'ascoltatore il compito di tirare le somme, il compito di decidere se il viaggio è terminato oppure se proseguire oltre, cadendo nella V stagione, la stagione della lotta e dell'attaccamento ai propri sogni ed ai propri ideali. Nel complesso un gran disco hard rock variegato nei suoni, con buoni assoli di chitarra, interessanti passaggi di basso-batteria ed un giusto uso di pianole e strumenti a fiato. Discreta la registrazione ed il mixaggio presso La Tana Del Lupo Studio, accattivante la grafica di copertina e l'intero artwork del booklet curata da Vix J-Kat. L'album è disponibile sia in formato CD che in formato vinile, quest'ultimo in edizione limitata a 400 copie (di cui 200 di colore rosso) con poster in omaggio.